Capitolo Fraterno regionale: Riflessioni sulla Esortazione Apostolica “Amoris Laetitia” – 2^ parte

Intervento di Caterina e Angelo Russo – (coppia responsabile dell’Ufficio di Pastorale Familiare dell’Arcidiocesi di Napoli)

Intervento di Caterina
Papa Francesco, da quei famosi questionari che ci ha mandato (in preparazione al Sinodo per la famiglia – n.d.r.), ha capito che oggi amore vuol dire tante cose, molte delle quali non c’azzeccano niente con l’amore.
Anche i nostri giovani, dalle nostre parti, a volte si chiamano “amò”, ma non sa di niente quel termine.
Allora il Papa ha detto: ok, definiamo la parola amore e per fare questo ha preso il brano evangelico che, secondo me, è il più bello in assoluto, perché mi entra dentro e penso entri dentro a qualsiasi cristiano lo legga.
Lui, seguendo parola per parola quel brano, ci aiuta a scoprire cos’è l’amore.
Quando parla dell’Inno all’Amore, alla prima frase:
La Carità è paziente.
Il Papa dice che la pazienza del cristiano è una cosa che va coltivata e che si deve acquisire lentamente. La pazienza non può essere lasciarsi guidare dagli impulsi, lo dice anche l’Antico Testamento: beato chi è lento all’ira, cioè piano piano ci dobbiamo far accompagnare in questa palestra della pazienza.
Questo nel matrimonio, ma anche fuori . perché dobbiamo essere pazienti con tutti – però nel matrimonio ci possiamo allenare meglio, perché l’altro ce l’abbiamo sempre in casa.
Poi (il Papa) parla di benevolenza, con la seconda frase:
L’Amore è benigno.
Che cosa intende per benigno? Non dobbiamo solo volere bene all’altro, amore significa volere “il bene” dell’altro che è un’altra cosa.
L’Amore non è invidioso.
Possibile che fra marito e moglie ci sia l’invidia? Secondo me a volte si! Se magari il marito pensa di essere più bravo a cucinare – nelle giovani coppie sta capitando sempre più spesso che siano i mariti a cucinare – e quindi, magari, la moglie è invidiosa della cucina.
Che cosa vuol dire nel matrimonio non essere invidiosi? Vuol dire, soprattutto, riconoscere per l’altro il diritto alla felicità, anche se questo vuol dire rinunciare a un pezzettino della mia felicità.
Allora se mia moglie vuole fare carriera, mettiamoci d’accordo insieme; io non posso volere che mia moglie stia sola a casa ad essere la madre dei miei figli, mettiamoci d’accordo: un pezzettino rinuncio io, un pezzettino rinunci tu e insieme costruiamo la nostra felicità.
La Carità non si vanta.
Io perdo la mia vanagloria per l’altro, quindi non mi metto al primo posto con arroganza; certo non mi svilisco per l’altro, perché anche questo può portare delle gravi conseguenze nel matrimonio.
Io non posso sempre concentrare tutto sull’altro e annullare me stessa, perché, probabilmente, se chi mi ha sposato e mi ha scelto, mi ha scelto proprio per quello che sono, non per quello che non sono e che non devo essere.
Però senza arroganza, non mi devo vantare, sono quello che sono.
Non si gonfia l’amore.
Non è orgoglioso, quindi evitiamo di parlare troppo di noi stessi, ascoltiamo, invece, l’altro; il dialogo è di due persone, è dialogo proprio per questo.
Non vantarsi e non essere orgogliosi da’ la possibilità ai cattolici, ma anche a tutti quelli che vorranno essere così, di essere amabili, cioè persone da amare: senza far soffrire l’altro, rispettando la libertà dell’altro e avendo la pazienza di attendere i tempi dell’altro.
L’amore non manca di rispetto.
Rispetto l’altro per quello che è, per quello che pensa. Mettiamo sul tavolino quello che siamo e troviamo un accordo insieme. Non devi essere sempre tu a dire di sì, non devo essere sempre io a dire di sì: costruiamo insieme.
Noi diciamo alle coppie a cui facciamo il percorso (di preparazione al matrimonio – n.d.r.): voi andate a costruire una nuova famiglia che non è nè la famiglia dell’uno, nè la famiglia dell’altro, ma è la nostra famiglia.
L’amore non si arrabbia.
L’amore si spiega, nel senso che c’è confronto, ma mai con l’aggressività. Non voglio arrivare al discorso del femminicidio che oggi è tanto di moda e che c’è sempre stato, ma oggi ci sono i telegiornali e, quindi, fa notizia, però, comunque, l’aggressività è molto subdola ed è presente in più famiglie di quelle che noi pensiamo.
Io sono anche docente, sono insegnante, e a volte leggo episodi di aggressività, perché con i bambini – io ce li ho piccolini – si capisce quando in una famiglia c’è aggressività che non sempre è da parte del papà, anzi, più spesso, oggi, sono le donne quelle che, forse, perché sono state messe a tacere tanto tempo, pensano che attraverso l’aggressività possono imporre la loro presenza.
L’amore, quindi, non è aggressivo, non si arrabbia e non tiene conto del male ricevuto. Quello del perdono è un tema molto caro a Papa Francesco. Il perdono, lui dice, non è facile, è sempre un percorso, è sempre un allenamento: chiedere scusa, chiedere perdono di certe cose non è facile, non è facile né darlo, ma neanche riceverlo e neanche perdonare se stessi.
Il primo modo per conoscere il perdono è attraverso se stessi. A volte noi non ce le perdoniamo certe cose e come facciamo? Se non ci perdoniamo da soli, come facciamo a perdonare un altro? Quindi è una palestra. E’ una palestra che ci fa riconoscere i nostri limiti e anche i limiti dell’altro, perché se ce lo siamo scelti, non l’abbiamo fatto perché era perfetto, ma proprio perché aveva quei limiti, perché magari ci piaceva che era un po’ confusionario, un po’ disordinato. Poi ci pesa, quando a casa dobbiamo mettere in ordine il suo disordine: ci piaceva proprio per quello e adesso ce lo siamo dimenticati? Quindi, riconosciamo i limiti dell’altro. Ho detto disordine, per fare un esempio, ognuno di voi conosce i limiti dell’altro e i propri limiti.
Quando vediamo le cose storte – nella famiglia – deve esserci la correzione fraterna che deve essere misurata, gentile, sempre nel rispetto dell’altro, perché io non posso non dire all’altro: guarda che qui mi sembra che tu stia sbagliando.
E poi (l’Inno all’Amore – n.d.r.) passa a quella fase positiva della lettura che è, poi, tutto: la parola principe è proprio “tutto” e in quel “tutto” non c’è niente escluso.
Tutto scusa.
Io non posso giudicare la persona, posso consigliarla, posso cercare di dire la mia, ma non posso assolutamente giudicare, anche mio marito, anche mia moglie.
In più, non posso neanche dire male di quella persona. Benedire vuol dire proprio questo. Io devo benedire il mio sposo, perché devo “dire bene” del mio sposo.
Tutto crede
…Perché io l’ho sposato perché lo amavo e perché avevo fiducia in lui; lui è la mia roccia; lei è la mia donna!
Ma questo non vuol dire che io la posseggo che posso dominarla, perché io credo e ho fiducia nell’altro.
Tutto spera.
Anche nel momento difficile io spero sempre nel miglioramento. Diciamo che questo ci allena anche ad una speranza futura, la speranza escatologica. Io spero e credo fermamente nell’altra vita e, quindi, se è così lontana l’altra vita, perché io non dovrei credere e sperare che anche con il mio aiuto, la persona che mi sta di fianco possa progredire, possa migliorare, possiamo migliorare insieme: anche questa è palestra!
Tutto sopporta.
C’è una frase di Martin Luther King che dice: “Anche il tuo nemico ha qualcosa di buono in sé”; se il nemico ha qualcosa di buono in sé, figuriamoci una suocera, un suocero, ma anche un marito, in certe situazioni diventa un po’ nemico.
Secondo me, se vogliamo cominciare la lettura dell’Amoris Laetitia – qualcuno all’inizio ci chiedeva l’ottavo capitolo e io rispondevo: “leggetevi prima il quarto”, poi vi spiegate anche l’ottavo -, se cominciamo da quel quarto capitolo, ci spieghiamo un po’ tutto. Se proprio volete cominciare da una parte che non è il primo capitolo, vi consiglio di cominciare dal quarto.
Nel quinto capitolo, invece, Francesco applica tutto ciò che ha detto al matrimonio, perché l’amore è in generale, perché si ama il coniuge, ma amore è amore per i figli, amore per i fratelli, amore anche per gli amici, quindi la definizione di amore, mentre qui parla di amore applicato al matrimonio.
Nel matrimonio l’amore, quello con la “A” maiuscola, è l’icona dell’Amore di Dio per noi. Che significa questo? Significa che noi abbiamo una grande occasione, attraverso il nostro matrimonio: possiamo veramente testimoniare che Dio c’è e ci ama.
C’è un cantante, Nek, che dice che noi siamo fatti per amare (Fatti avanti amore – album: Prima di parlare del 2015 – n.d.r.). Abbiamo utilizzato questa canzone quando tempo fa abbiamo una festa dei nubendi, perché siamo due braccia con un cuore, dice la canzone, Dio ci ha fatto proprio per questo: per amare, per amare nel matrimonio, ma per amare anche nel Sacramento dell’Ordinazione, per amare!
Quindi, noi dobbiamo essere testimoni di questo Amore, perché Lui ci ha messo questo pezzettino, questa particella d’amore nel cuore che a volte sentiamo, perché, quando vengono i fidanzati e si tengono per la manina, loro ce l’hanno dentro questo amore e credono di averlo per sempre. Ci credono.
Noi non dobbiamo disilluderli ecco perché non glielo dobbiamo dire: ma ti conviene? ma ci ha pensato bene? Loro, in quel momento , ce l’hanno, dobbiamo fargliela continuare questa particella di Dio. E allora da lì viene facilissimo il discorso dell’indissolubilità, perché il “per sempre” ce l’hanno dentro, basta farglielo venir fuori, non è necessario neanche dirglielo, perché ci arrivano da soli: state dicendo “per sempre” a Dio!
E Dio vuole che voi vi amiate per sempre e vi aiuterà affinché vi amiate per sempre, il Sacramento serve a questo! Allora si spiega anche il perché il matrimonio non ha soltanto uno scopo procreativo, ma che dobbiamo rivalutare questa tenerezza dell’amore che non si deve perdere mai, neanche a sessant’anni suonati, ma neanche a settanta, a ottanta; la tenerezza deve essere sempre importante, accanto all’amore, accanto all’eros, accanto a tutto quello che è il matrimonio.
La generosità dell’amore. Il Papa parla di questo Pranzo di Babette e del bello di preparare il pranzo per qualcuno. Oggi c’è Just Eat: come si fa a pensare al bello di preparare il pranzo? Oggi i giovani la usano per ordinare il pranzo da fuori. Non è il pranzo in se stesso, io posso anche preparare il riso scaldato, però il fatto di averlo preparato con amore, pensando a chi tornerà a casa, o a chi ci sarà a casa, quando io non ci sono, perché magari sono fuori casa; o chi porterà quel pasto fuori, perché mangia fuori casa. E’ il pensiero e la generosità sta’ nel gesto.
Sul dialogo è stato parlato in precedenza… Bisogna trovare il tempo per il dialogo e dialogare vuol dire farlo in due.
Poi il Papa parla dell’amore come espressione della passione delle emozioni, fa una bella distinzione, andatevela a leggere. Se avete tempo leggetevi anche le catechesi del corpo di Giovanni Paolo II, se non le avete mai lette, sono bellissime, perché c’è questa rivalutazione del corpo che, forse, un po’ la Chiesa aveva dimenticato.
Diciamo che avevamo messo un po’ a tacere il dialogo del corpo che è importante, perché noi siamo fatti di anima e corpo e se il Signore ci ha voluto così, vuol dire che lo dobbiamo anche rispettare questo corpo, con i suoi tempi, con i suoi limiti, con i suoi momenti.
Poi (il Papa) parla della vocazione parallela al matrimonio e quindi della scelta della verginità che è uguale.
Il sesto capitolo parla delle prospettive pastorali. Quando parla di famiglia e riprende il discorso della Chiesa domestica, ecc. il Papa intende dire: la famiglia sotto tutti i punti di vista. Innanzitutto una famiglia attiva a livello pastorale, quindi non più la pastorale incentrata sui problemi della famiglia, ma delle famiglie che si occupano della pastorale familiare, con tutto quello che ne consegue, come i problemi, ma anche le bellezze e altro.
Ci dobbiamo sbracciare le maniche. Papa Francesco ci vuole attivi, ci vuole in una parrocchia ospedale di campo, dobbiamo sanare le famiglie non sanate, ma dobbiamo individuare le famiglie buone, perché ci sono, perché dobbiamo comunque testimoniare prima di tutto la gioia e la bellezza.
Quando è venuto a Napoli, io gli ho chiesto proprio questo: Come facciamo a testimoniare la bellezza delle famiglie? E lui ha detto: Con le famiglie che tutti i giorni combattono. Perché quelle sono le famiglie belle, quelle che non si arrendono. Quindi noi dobbiamo individuare queste famiglie – e in tutte le vostre comunità ce ne sono tante – e con loro lavorare alla pastorale familiare che non è lavoro solo dei sacerdoti, purtroppo per noi non ce la fanno, anche perché, come ha detto Papa Francesco, molte volte, proprio i sacerdoti, sono poco ferrati sull’argomento.
Molti ragazzi a dodici anni, vengono tolti dalle famiglie per entrare nei seminari e non conoscono la famiglia, ne hanno comunque un’idea diversa.
Noi dobbiamo aiutarli a scoprire (le famiglie), perché vengono buttati nelle parrocchie dove ci sono tante famiglie diverse, variegate e non sempre uguali all’ideale di famiglia che hanno questi giovani parroci che arrivano.
Noi, come famiglie anche con un cammino, quindi anche con una certa dimestichezza con le problematiche familiari, li dobbiamo affiancare, li dobbiamo aiutare e in seminario questo non è ancora chiaro, i ragazzi ancora non lo sanno che li possiamo aiutare.
Dove li dobbiamo aiutare? Innanzitutto noi dobbiamo fare un lavoro di prevenzione, perché la famiglia, quando si è già formata è tardi per aiutarla, però se noi cominciamo a partire dalla definizione di “amore” ai giovani, ai ragazzi che cominciano ad avvicinarsi all’amore e cominciano a chiamare “amò” pure l’amica, quando le parlano al telefono.
Se gli facciamo capire che cosa è l’amore, questi ragazzi cominciano a dare un senso a quella parola. Allora una preparazione all’amore è proprio remotissima, io dico – Papa Francesco la chiama remota, nell’Amori Laetitia -, cioè possiamo già parlarne a ragazzini di dieci, undici anni.
Poi i fidanzati che in parrocchia ci sono, perché qui comincia a nascere l’amore, quindi (per loro) una preparazione più prossima. Quando poi arriviamo alla preparazione immediata che è il corso pre-matrimoniale, lì, quasi quasi, i giochi sono fatti, però, se abbiamo lavorato bene prima, con la definizione di amore, questi si sono scelti veramente con amore, se no la dobbiamo un po’ rimediare e viva Dio, quando decidono di non sposarsi più, dopo aver fatto questo benedetto percorso; quando ci è capitato siamo stati contenti.
Dopo che si sono sposati è importante l’accompagnamento, a cui Papa Francesco tiene molto.
Quindi, mi raccomando, leggetela attentamente, rileggetela, meditata, di qua il Vangelo e di là (l’Amoris Laetitia); per gli operatori della pastorale familiare (questo documento) è veramente ottimo.

Intervento di Angelo
La cosa più importante e che è stata ribadita anche negli interventi precedenti, è che questo testo ha tantissimi spunti di riflessione e il Papa stesso, quando lo ha promulgato, ha detto: non leggetelo tutto d’un fiato, ma se avete qualche dubbio, o dovete fare una riflessione su qualche argomento, andate a cercare il paragrafo, piuttosto che il capitolo, dove si parla di quell’argomento.
C’è veramente tutto, tant’è vero che adesso si affronta un capitolo che ha come titolo: Rafforzare l’educazione dei figli.
Quando si parla di rafforzare vuol dire che nella famiglia l’educazione dei figli c’è, ma come la rafforziamo? Questo è il punto importante, perché tutti quanti nelle famiglie vengono educati, ma come riusciamo a rafforzarla (l’educazione)?
Il Papa, nel numero 271 parla di gradualità e di piccoli passi e anche nell’educazione dei figli è importante andare per piccoli passi.
Come possiamo incidere sull’educazione dei figli? Chiaramente con lo stile del nostro credo, lo stile di Gesù e lo stile del Vangelo.
Prima di tutto, quindi, attraverso una formazione etica, dandogli dei valori di riferimento, anche perché sapete bene che oggi il nostro mondo ci propina dei valori che non sono, probabilmente, quelli cristiani, ma ce ne sono molti altri che a volte vengono promulgati come gli assoluti, come quelli più importanti e, invece, probabilmente, anzi certamente, non lo sono, perché quelli del Vangelo sono di altra natura.
Si entra, addirittura, nello specifico della sanzione, cioè si entra nello specifico del dire che redarguire un figlio deve essere uno stimolo, cioè non dobbiamo avere paura di redarguire un nostro figlio. Su questo aspetto c’è da leggere quello che dice il Papa e che, cioè, la sanzione deve essere data con gradualità, al momento giusto e, addirittura – questo lo diceva anche ai fidanzati prima dell’Amoris Laetitia – anche i genitori verso i figli devono educare all’uso di quei termini significativi che possono sempre legare un rapporto tra due persone: permesso, grazie e scusa.
Prima si parlava dei nipoti, dei figli, ecc. ma al proprio figlio che ti chiede: “mi dai un bicchiere d’acqua”, dire “guarda me lo chiedi per favore?”; se glielo diciamo già da piccoli può darsi che in futuro si abituano a rivolgersi verso gli altri chiedendo per favore qualche cosa. E’un modo per dar loro dei valori, degli stimoli, delle piccole correzioni che poi porteranno avanti, probabilmente, per tutta la vita.
Dobbiamo essere pazienti anche nell’educare un figlio. Il Papa va a rimarcare il fatto che molti genitori vogliono dominare lo spazio dei figli, cioè sapere dove sta in quel momento, cosa fa, ecc. senza lasciare la libertà che ognuno di noi deve avere.
Ci sono, quindi, dei suggerimenti sul fatto che il figlio non deve essere dominato nel suo spazio, ma deve essere aiutato a crescere.
Non è facile quello che si sta dicendo, né il Papa ha delle ricette precise, perché ovviamente ognuno le interpreta a proprio modo, però avere questo obiettivo diventa uno stimolo per i genitori stessi, per vivere meglio il rapporto con i propri figli.
Questo è importante, tant’è vero che al numero 261 dell’A. L. il Papa dice: “generare verso i figli processi di maturazione”. E non è facile, sicuramente non è facile, ma il Papa ci stimola a farlo, a pensarci, a lavorare su quello che è il nostro percorso educativo rispetto ai figli. Chiaramente questo ragionamento è valido anche nel rapporto tra genitori, perché educare il figlio vuol dire anche rapportarsi con l’altro genitore, perché non è detto che i genitori siano d’accordo sulle modalità dell’educazione. Questo presuppone che anche i genitori abbiano un percorso educativo reciproco, nel comportarsi dinanzi ai figli; una su tutte: non litigare davanti ai figli. Noi, per esempio, quando avevamo i bambini piccoli e avevamo qualcosa da dirci, ci chiudevano in cucina e facevamo la nostra bella litigata; anche questo è un modo per aiutarli nella crescita.
(Nell’esortazione A. L.) il Papa ha inserito un paragrafo che dice sì all’educazione sessuale.
Forse la Chiesa in passato ha considerato questo argomento un tabù, invece il Papa ci entra dentro e invita a cercare di educare i nostri figli anche a questa tematica, anche perché ci sono tante agenzie “educative” che possono dare informazioni sbagliate. Addirittura il Papa, al numero 280 (A. L.) dice di fare attenzione ad alcuni termini uno dei quali, molto diffuso è: sesso sicuro.
Che significa? Noi sappiamo benissimo cosa significa, però il ragazzo può pensare – dice il Papa – che noi demonizziamo questo termine in ottica di procreazione, dicendo che il sesso quando è sicuro vuol dire che il figlio non ci deve essere e, quindi, il figlio può essere uno sbaglio, può essere un impedimento; per cui il figlio viene visto come qualcosa di negativo, quando invece noi, come sposi cristiani e, quindi nell’ambito del matrimonio come Sacramento, dobbiamo essere aperti alla vita e favorire la vita, sempre e comunque.
In un altro punto il Papa invita nell’educazione dei figli a rivalutare i ruoli nella famiglia. Poiché oggi è cambiato un po’ tutto; la donna lavora, l’uomo sta sempre fuori casa e così via, sono cambiati un po’ i rapporti uomo – donna, allora anche cercare di educare il figlio a rivedere il ruolo del papà, della mamma, eventualmente anche degli altri componenti della famiglia, in modo tale che il figlio sia educato anche da questo punto di vista.
Sapete bene che c’è la teoria del gender che ha invaso un po’ tutto il mondo e il pensiero occidentale e il Papa si è schierato contro a questa cosiddetta teoria, invitando noi genitori a essere attenti anche alla diversità e, quindi, al rispetto o alla rivalutazione dei ruoli stessi nell’ambito della famiglia.
Ultimo punto, ma non ultimo, ovviamente, è quello che, nell’ambito della famiglia, è un elemento fondamentale, cioè la trasmissione della fede.
La focalizzazione che il Papa fa è che nell’ambito della fede ci sono tanti momenti in cui la famiglia può trasmettere la fede: la possono trasmettere i genitori, la possono trasmettere i nonni, attraverso anche piccoli gesti e uno su tutti è la preghiera, la partecipazione alla Messa domenicale, il segno della croce prima di mangiare insieme, ecc. ecc.
Passando al capitolo 8 (Accompagnare, discernere e integrare la fragilità) diciamo che ci sarebbe da fare una trattazione infinita. Su questo capitolo si sono fermati tutti i media, quando c’è stato il Sinodo, perché si aspettavano una sola cosa, di fatto, da questa Esortazione Apostolica e cioè che chi è in quella situazione ecc. ecc. può accostarsi all’Eucaristia, ai Sacramenti, ecc. ecc.
Quindi c’è stata anche un’eco notevole. Il Papa, in uno di questi punti lo dice chiaramente: non si può dare, in questa Esortazione, una risposta generalizzata che andasse bene per tutti, bisogna verificare caso per caso.
I punti importanti che contraddistinguono questo capitolo sono tre sostantivi: Accompagnare, discernere e integrare la fragilità. Veniva emanata, questa esortazione Apostolica, nell’anno (del Giubileo) della Misericordia, quindi quale momento migliore per fare in modo che questo fosse l’ottica con la quale si vedevano queste situazioni. Tra l’altro si inizia questo capitolo parlando di quelle situazioni che oggi si avvicinano al matrimonio cristiano, cioè, per esempio, le convivenze, quelle che oggi sono ormai una moda: andiamo prima a convivere, proviamo, poi dopo, eventualmente, ci sposiamo. Diciamo pure che la Chiesa, fino a qualche anno fa, vedeva queste situazioni in maniera piuttosto negativa; aveva fatto in modo che nella comunità cristiana non fossero accostate queste persone, ma un po’ emarginate.
Con questa Esortazione Apostolica si rischia, addirittura, che queste situazioni che si avvicinano al concetto di matrimonio cristiano, devono essere coltivate, per essere aiutate a diventare matrimonio cristiano.
Noi, nei nostri incontri di preparazione al matrimonio, abbiamo diverse (quasi tutte) coppie che convivono.
Ben vengano queste coppie che, a un certo punto, sentono il desiderio di doversi unire col matrimonio cristiano; infatti il Papa ci esorta a non escluderle, ma ad accompagnarle, in un processo di avvicinamento, perché possano maturare. Negli ultimi anni, da quello che noi vediamo nella nostra esperienza, sono veramente molto più frequenti (questi matrimoni) e (le coppie che convivono) si avvicinano al Sacramento del matrimonio anche con convinzione, perché è una scelta fatta dopo un’esperienza, ciò non vuol dire che i princìpi del matrimonio cristiano sono (cambiati): bisogna arrivare al matrimonio così come il Vangelo ce lo ha descritto.
E’ anche vero, però che siamo uomini e possiamo incorrere in errore, in scelte sbagliate e, allora, a questo punto, dobbiamo accogliere e accompagnare queste persone che hanno rivisto il proprio stile di vita.
Un punto importante è costituito da quei casi in cui alcune persone hanno avuto una prima esperienza matrimoniale negativa e passano nella categoria dei divorziati risposati. Anche su di loro il Papa ha un’attenzione misericordiosa, ci invita ad avere un’attenzione misericordiosa e queste situazioni che lui chiama “irregolari”, prima di tutto ci invita (A.L. 296) ad evitare giudizi affrettati, a tener conto dell’eventuale complessità e ad un’attenzione particolare nella sofferenza. Pensate, ad esempio, a una persona che è stata lasciata dal proprio marito o dalla propria moglie, che ha dei figli e li vuole accudire, vuole continuare ad avere questo amore verso i propri figli e alla fine trova un’altra persona, con la quale coronare questo percorso. Si deve entrare nel particolare.
Il termine che viene posto in grande risalto è “discernimento”, cioè bisogna entrare in questa situazione, valutare quelle che sono state le cause, i possibili effetti, perchè si parla anche del fatto che se una persona che si è unita in seconda unione volesse tornare indietro, quale dolore darebbe a quest’altra persona con la quale oggi è insieme con i figli relativi, quindi tornare indietro potrebbe essere peggio che non continuare il percorso che ha; è un esempio che riporta il Papa all’interno di questa Esortazione.
Vedete in quale dettaglio entra questo capitolo! Questo è il frutto dei questionari che sono arrivati da tutto il mondo e dai Padri sinodali che hanno molto discusso. Tra l’altro, su questo capitolo, se vi ricordate bene, – poiché ogni capitolo è stato votato dai Padri sinodali – c’è stata una leggera maggioranza, non c’è stata l’unanimità, quindi vuol dire che anche su questo argomento la Chiesa non ha chiaro tutto il processo, però se il Papa ce lo scrive in un’Esortazione Apostolica, noi dobbiamo seguire quelle che sono le indicazioni della Chiesa e, quindi, del nostro Papa.
Il Papa, al n°298 dice “no alla rigidità”; cioè la regola vale, però su questa regola bisogna ragionare laddove ci sono delle situazioni cosiddette “irregolari” e qui da’ una grossa responsabilità ai pastori. Questo è un punto significativo, un passo in avanti e anche un punto, tra virgolette, difficile da risolvere, perché se la Chiesa, fino a qualche tempo fa ha trattato questi casi in maniera esclusiva, ora anche i sacerdoti devono cercare una forma nuova, devono spendere il tempo per analizzare i casi.
I Vescovi vengono chiamati, in prima istanza, a essere coloro i quali avviano questi processi di integrazione e discernimento. (La persona si può) re-integrare in varie forme, perché non è solo accostandosi ai sacramenti che la persona viene integrata, ma si può integrare anche in tante altre forme, come quella della partecipazione alla comunità, la partecipazione all’educazione dei ragazzi della prima comunione, può partecipare a gruppi come i nostri, per esempio. (Alla base di questo processo bisogna chiedersi) se questa integrazione crea positività, piuttosto che scandalo, allora chi deve lavorare affinché questa integrazione non sia di scandalo, se non i Pastori delle nostre Chiese?
Quindi, anche su questo c’è un lavoro notevole dei Pastori, ma anche dei seminaristi, perché sono argomenti nuovi, argomenti che non possono essere trascurati, anche perché, lo dice chiaramente il Papa, integrare vuol dire che questa famiglia che si sente esclusa dalla comunità cristiana, se ha dei figli, questi figli dovranno frequentare la comunità cristiana? Come fanno a frequentarla, se i genitori sono quelli esclusi? Quindi se si integrano (i genitori), anche i loro figli si integreranno e si riprende un processo di comunione e, quindi, un processo positivo.
Bisogna guardare le irregolarità come un’opportunità positiva di rientro nella comunità cristiana.
Il messaggio di Gesù è sempre lo stesso: l’uomo è peccatore, Gesù è misericordioso e, quindi, dobbiamo lavorare su questo.
Addirittura il Papa – prima si parlava dei pastori che devono accogliere e essere in grado di recepire questo nuovo insegnamento da parte del Papa – non parla soltanto di Pastori, ma anche dei laici preparati che possono essere individuati per accogliere e integrare queste persone. Pensate a una comunità matura, dove si avvicinano queste persone che hanno delle difficoltà e noi le integriamo nel modo giusto. Parliamo anche della nostra esperienza dell’Ufficio famiglia che, nell’ambito della Diocesi di Napoli ha proprio nel suo interno delle persone che vivono questa situazione – sono sposati, divorziati e risposati – abbiamo fatto un percorso di approfondimento di questo capitolo, con diversi operatori, abbiamo anche dei volontari che in questi periodi stanno anche lavorando nelle comunità in cui vengono chiamati, per cercare di educare la comunità e alcuni laici a questo nuovo corso della pastorale. Quindi diventa anche importante che le comunità si facciano carico dei concetti che vengono espressi nell’ambito di questo capitolo, per poterli portare al loro interno, se no diventerebbe solo un fatto teorico: sì, ci integriamo, ecc. ma che significa?
Su questo voglio aprire una piccola parentesi. Questo capitolo 8 è stato frutto anche di un’immediata interpretazione da parte dei Vescovi di Buenos Aires che a ottobre – l’Esortazione è uscita a marzo – hanno emanato dieci punti su come guidare queste persone nella comunità: possono essere catechisti? possono essere il padrino di Battesimo?… Queste cose, in qualche modo, vengono espresse. Il Papa ha approvato questo decalogo affermando che questa è la linea giusta.
Su questo argomento hanno lavorato anche i Vescovi della Campania che hanno istituito una commissione che ha approfondito questo argomento, proprio per dare delle indicazioni ai Pastori che, in qualche modo, si sentivano disorientati: Ora che facciamo? Se uno vuole l’assoluzione, io lo devo assolvere o no, in questa situazione di irregolarità? Può fare il padrino? Può partecipare ai corsi di preparazione alla prima comunione?
Questo documento che è stato preparato dalla Conferenza Episcopale Campana ha approfondito questi argomenti e ci sono delle linee guida per tutti i sacerdoti della Campania.
L’ultimo capitolo – che parla di spiritualità coniugale e familiare – pone un accento importante su quella che è la spiritualità nell’ambito della famiglia; prima parla della spiritualità nella coppia e poi parla della spiritualità nella famiglia, quindi con i figli, ecc..
Il Papa definisce, al n°316, la famiglia “un percorso che il Signore utilizza per portarli ai vertici dell’unione mistica”, quindi per avvicinarsi a Dio, per cui la famiglia è uno strumento.
Come va praticata questa spiritualità? Utilizzando tutti i momenti possibili: i momenti di festa, il momento del riposo, anche nell’ambito della sessualità, momenti del tipo andare a messa insieme; questi sono dei momenti da sfruttare e che portano all’accrescimento della spiritualità della coppia e all’avvicinamento del dettame di Cristo. Addirittura parla di alcuni argomenti abbastanza delicati, perché può essere anche che un amore arriva ad un momento di stanca, quando ad esempio ci si fa anziani, e, quindi anche un accenno a come invecchiare insieme nel corpo e nello spirito.
Quindi parla della famiglia come pascolo misericordioso. All’interno della famiglia – il Papa dice – ci sono tutti gli elementi affinché nei rapporti con i coniugi, i figli e tutti i componenti vicini alla famiglia, vi sia la possibilità di esercitare la misericordia, perché, come sappiamo bene, nella famiglia ci possono essere tante difficoltà, tanti problemi, ma se li guardiamo con l’occhio di Cristo, quindi con l’occhio misericordioso, questi vanno superati e fanno quindi crescere, nell’ambito dei rapporti familiari, questa spiritualità.
Nessuna famiglia è una realtà perfetta, ma richiede un graduale sviluppo della capacità di amare” (A.L. 325) – dice il Papa – ed esorta tutti quanti a camminare insieme: famiglie camminate insieme!
In conclusione, l’Esortazione Apostolica non parla della famiglia ideale, ma di una realtà ricca e complessa che ha anche insite una serie di problematiche che in questo documento sono analizzate e tutto questo l’esortazione lo guarda con sguardo positivo, cioè non si parla della negatività, ma si parla della famiglia con positività, con una sapienza pratica, come dice il Papa.
Ed essendo stata scritta consultando i questionari di tutto il mondo, vuol dire che è scritta grazie alle esperienze pratiche di coloro che hanno vissuto veramente queste difficoltà, queste problematiche, ma anche queste positività della famiglia, per darci suggerimenti pratici.
Il Papa termina questa esortazione con una preghiera alla Sacra Famiglia che deve essere per tutti ispirazione per vivere la vita familiare alla luce di questa Esortazione.

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