Alla scoperta del creato – Intervento di don Maurizio Patriciello
Innanzitutto sono contento che tutto quello che state facendo (n.d.r. – Giornata di sensibilizzazione per la salvaguardia del creato), lo state facendo in nome di San Francesco, perché se c’è stato un santo che ha saputo veramente coniugare l’amore per Dio, l’amore per la gente, l’amore per il creato, questo è San Francesco d’Assisi.
Quando Francesco chiamava la terra “sorella terra” e il sole “fratello sole”, il problema ambientale non esisteva; così come quando leggiamo la Bibbia, sin dalla prima pagina, quando dice che Dio pose l’uomo nel giardino perché lo coltivasse e lo custodisse.
All’epoca il problema non esisteva proprio, eppure già il Padre eterno ci dice che noi siamo stati messi in questo giardino, per coltivare: per noi, per i nostri figli, perché dobbiamo anche alimentarci, per vivere.
Ma non dobbiamo dimenticare mai che noi non siamo i padroni di niente e questa cosa fa bene ricordarla, perché può capitare che ce ne dimentichiamo.
La terra non è nostra! Voi sapete che nel mese di luglio abbiamo già consumato tutte le risorse con cui saremmo dovuti arrivare fino al 31 dicembre, per cui quello che stiamo consumando adesso lo stiamo rubando ai nostri figli e ai figli dei nostri figli: questo si chiama “ladrocinio” ed è una cosa terribile.
Papa Francesco, in quel documento bellissimo che è la “Laudato Sii”, dice: “non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, esiste solo una complessa crisi socio-ambientale”.
Non esiste l’anima e il corpo, questo è un problema che ci siamo portati dietro per duemila anni, esiste l’essere umano, esiste la persona, esisti tu con questo nome, questo cognome, questa faccia, questo DNA, questi problemi, questi sentimenti, questa capacità di relazionarti.
E Dio è venuto a salvare te, per cui Gli interessa tutto quello che ti riguarda e se noi non comprendiamo questo, non abbiamo capito niente.
Ha detto il Papa che non c’è niente che riguarda te e che non riguarda la Chiesa.
Un giorno un Signore andò da nostro Signore Gesù Cristo e gli chiese: “Qual’è il comandamento più grande?” – gli ebrei ne avevano un sacco – e Gesù gliene diede due; gliene diede due perché tutti e due erano un solo comandamento.
Disse, “il primo è: Ama il Signore dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima” (e questo significa preghiera, messa, Sacramenti,lettura del Vangelo…), ma poi disse: “il secondo è simile a questo: Ama il prossimo tuo come te stesso”.
Io ho l’obbligo di amare il prossimo, ma amare che significa?
Se io sono chiamato ad amare e voglio amare per davvero, che significa amare? Il Vangelo dice chi non è pronto a prendere la croce, non può essere mio discepolo. Noi abbiamo interpretato queste parole pensando alla croce come sofferenza, malattia, invece non è vero, perché la croce che cos’è? Quando io guardo la croce, che cosa vedo, se non l’altra faccia dell’amore? E non credete mai a una persona che dice di amare e non riesce a portare la croce.
Quando lavoravo in pediatria (prima di entrare in seminario – n.d.r.), anche se dicevo a una mamma che poteva andare a casa, perchè il bambino sarebbe stato in buone mani, quella mamma non se ne andava, rimaneva sulla scalinata, ma non se ne andava; e ti accorgevi subito che quello era un cuore di mamma.
Allora potremmo dire: dimmi quanto sei disposto a soffrire per me e io ti dirò se tu mi ami o no.
E’ vero che noi non sappiamo leggere nel cuore della gente, non possiamo giudicare la fede di una persona, però le opere, poi, ti fanno vedere le cose come stanno.
Amare significa farsi prossimo e Gesù ce lo racconta attraverso la famosa parabola del buon samaritano.
Ora se qualcuno di noi dice che quando debbo amare viene prima l’italiano e poi qualcun altro, sta dicendo quello che il Vangelo non dice.
E chi sono i primi? C’è una classifica che non va sempre secondo i nostri desideri, perché la scaletta dice che il primo è colui che ha più bisogno.
Se andate al pronto soccorso dell’ospedale, vi sarà assegnato un codice di colore diverso in base alla gravità della vostra situazione: chi ha la precedenza chi corre più rischi di morire, chi è più grave.
Nella Chiesa, chi ha la precedenza? Chi è rimasto più indietro.
Qualche volta, qualcuno ha chiesto: ma nostro Signore Gesù Cristo ha delle preferenze? Si ha delle preferenze! E per chi è questa preferenza? E’ per gli ultimi!
Gesù ci dice che, se ci sono degli scarti nella società, è perché, in un modo o nell’altro, noi li abbiamo lasciati indietro.
Se abbiamo gli scarti, come dice papa Francesco, è perché noi li abbiamo lasciati indietro e il nostro Dio mi piace molto, perché se vede che alcuni rimangono indietro, non possono correre, si ferma Lui! Il buon samaritano è Lui!
Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, incappò nei briganti che lo derubarono e lo lasciarono mezzo morto e nudo.
Per caso passava di là un sacerdote che lo vide, ma continuò il suo cammino.
Passò un levita, un altro che aveva confidenza col sacro. Lo vide, ma passò oltre. Passò – e qua Gesù lo fa apposta – un samaritano. Perché un samaritano? Perché i samaritani e gli ebrei non si sopportavano, quindi Gesù prende un nemico e lo porta ad esempio.
Il samaritano si ferma, si fa vicino, gli cura le ferite, lo abbraccia, lo carica sul cavallo, lo porta alla locanda, passò con lui la notte e il giorno dopo pagò l’oste e gli disse: “io devo andare via, continua a prenderti cura di questa persona e quando io ritorno, se hai speso di più io te lo restituirò”.
A questo punto Gesù fa Lui la domanda al dottore della legge: “chi di questi tre, secondo te, è stato il prossimo?”. Il dottore rispose: “colui che si è fermato” e Gesù, senza perdere tempo gli disse: “Va’ e fai la stessa cosa anche tu!”.
Voi potreste dirmi: Ma tutto questo con l’ambiente cosa c’entra?
Se una persona ha fame gli dobbiamo dare da mangiare e se ha sete gli dobbiamo dare da bere; se a questa gente hanno rubato anche il diritto al respiro e noi restiamo zitti: noi siamo complici, c’è poco da dire. L’unica parola giusta è “complici”, diventiamo complici del male.
Ieri sono stato ad Acciaroli, dove nove anni fa fu ucciso Angelo Vassallo, il “sindaco pescatore” e dopo nove anni ancora non sappiamo chi fu ad ucciderlo.
Sono amico dei fratelli e ho partecipato ad un convegno molto interessante sul “sindaco pescatore” e alla fine abbiamo concluso così: chi sa e non parla è un assassino. Assassino è il mandante, assassino è il killer, assassino è chi sa e non parla!
Siamo in Campania, dove proprio ieri (7 settembre 2019 – n.d.r.) c’è stato un agguato di Camorra sull’Asse Mediano. Siamo nella Diocesi di Aversa, il clan dei Casalesi fa parte della Diocesi di Aversa. Nel nostro Sud abbiamo, ancora, la ‘ndrangheta in Calabria, la mafia in Sicilia. C’è stato uno studioso, Isaia Sales che si è posto una domanda molto semplice. Voi sapete che rispetto al nord noi del sud abbiamo una maggiore partecipazione alla Messa, bene o male le nostre chiese non sono così vuote come al nord e allora cos’è successo? Come mai queste tre arpie (camorra, ‘ndrangheta e mafia – n.d.r.), queste tre sanguisughe si sono insediate più nel nostro sud che al nord? Che cosa è successo? La domanda ce la dobbiamo porre.
Noi abbiamo un sacco di problemi con i rifiuti, di cui io non ne capivo nulla, ma mi sono trovato coinvolto in questa storia, perché non se ne può più… perché la gente deve chiudersi dentro per vivere, per respirare.
Si muore di cancro e mi sono posto una domanda, anche se non sta a me stabilirlo, perché non sono uno scienziato: ma è proprio tutto così normale?
Certo qualche problema c’è!
Abbiamo dovuto imparare che un conto è l’immondizia di casa nostra, un conto sono questi uomini primitivi che vanno a gettare l’immondizia lungo le strade: questi uomini sono la vergogna dell’umanità!
E le persone per bene che abitano qui, non solo sono per bene, ma sono degli eroi, sono dei santi, perché quelle persone devono sopportarle tutto il giorno.
E chi è che mi deve difendere da queste persone? Se io esco dalla cattedrale e qualcuno mi assale, mi fa del male, mi accoltella, chi è che deve intervenire? Interviene lo Stato!
Lo Stato deve tutelare i buoni dai “fetenti”, le persone civili da quelle incivili, gli onesti dai disonesti.
Ora, se questo non succede, non sono dobbiamo sopportarci tutto questo, ma dobbiamo, ma dobbiamo anche sentirci dire che siamo incivili e questa è una grande bugia.
Stesso discorso vale per la camorra.
Io sono parrocchiano del Parco Verde. La mia parrocchia è stata definita – non da me – la più grande piazza di spaccio del sud Italia e quando qualcuno (riferendosi alla gente onesta del posto – n.d.r.), dice: “ma loro perché…”, andateci voi a vivere con “quella gente” (quella disonesta – n.d.r.) ventiquattro ore al giorno, sette giorni alla settimana e trenta giorni al mese. Andateci voi a convivere e vedete se ci riuscite.
Allora chi è che deve difendere queste persone qua? E’ lo Stato che deve difendere.
E quando si accendo questi roghi – e sono anni – chi è che deve difendere i nostri bambini, i nostri ammalati, i nostri vecchietti? E’ lo Stato.
Lo fa? No!
L’ha fatto? No!
Questo è un discorso, ma ce n’è un altro che è più forte, più pesante ed è il discorso che sempre ci sfugge, o almeno sfugge alle persone un po’ più superficiali.
Il problema grande non è tanto l’immondizia di casa vostra, ma l’illegalità.
(prende una borsa – n.d.r.) Pensate che se questa borsa pesa un chilogrammo, per costruire questa borsa, ci sono voluti 500 grammi di scarti, tra: pellami, coloranti, collanti, diluenti, solventi che sono tutte sostanze tossiche.
Ora, se questa borsa l’avete comprata su una bancarella – dicendo che bell’affare che ho fatto, comprato questa borsa che costa tanto e l’ho pagata di meno – e non vi è stato fatto lo scontrino, significa che questa borsa è stata prodotta in nero, il che vuol dire che tutto il mezzo chilogrammo per fare questa borsa deve bruciare, per forza, nelle vostre terre.
Chi ha fatto questa borsa è un disonesto, chi ha comprato questa borsa, pur non volendo, è un disonesto.
Lo stesso discorso vale per le scarpe, lo stesso discorso vale per gli indumenti.
Quando io ho fatto quel video che la cara Nadia Toffa ha pubblicato sul suo sito, avendo un milione di visualizzazioni, in cui io sono andato con un coltello, ho aperto i sacchi (di spazzatura – n.d.r.) e non c’erano le bucce di banana – se vi ricordate, se l’avete visto su Facebook – c’erano i ritagli dei pantaloni, dei cappotti, dei giubbotti; questi sono lo scarto del lavoro in nero.
Lavoro in nero significa: operai fantasma, tasse non pagate, rubare allo Stato.
Ma tutto questo è ancora poco: lavoro in nero significa roghi tossici; roghi tossici vuol dire inalazione tossica che vuol dire malattia, vuol dire morte, ecco qua si è chiuso il cerchio.
Come ha detto il Papa e come stiamo dicendo anche noi, non c’è un problema ambientale, c’è un problema complesso.
Qualche anno fa, un signore che si chiama Renzi fu eletto segretario del partito. Volle incontrare il Vescovo di Aversa, Mons. Spinillo, don Franco Picone e il sottoscritto nella cattedrale di Aversa. Egli si interessò alla Terra dei fuochi e noi dicemmo tutto quello che c’era da dire; Renzi promise di ritornare nella nostra terra.
Dopo qualche mese, se vi ricordate, fece lo sgambetto a quell’altro signore che si chiama Letta – che era il Presidente del Consiglio – e lui divenne Presidente del Consiglio.
Aveva fatto un errore, mi aveva dato la sua mail personale; io da quel giorno gli scrivevo un giorno sì e l’altro pure, la mattina e la sera: “Caro Renzi, ti ricordi che dicesti che saresti tornato qua? Quando vieni? Quando torni?”.
Un giorno doveva andare alla Reggia di Caserta, perché Franceschini stava ai Beni Culturali e perché c’era una cosa importante da fare.
Lui doveva andare a Caserta e non poteva andarci senza passare per la Terra dei fuochi, altrimenti avrebbe fatto una brutta figura.
Mi fece chiamare da uno dei suoi collaboratori e io andai a Caserta. Fu una persona seria, perché mantenne la promessa e mi dedicò mezz’ora, in un salottino a parte.
In questo salottino entrò anche il nostro Governatore che, quel giorno, non era invitato a quell’incontro, ma entrò, con mia grande gioia.
Prima domanda di Renzi: “don Patriciello, allora come va questa storia dei rifiuti?” e io “Tu lo sai, nella nostra Campania ci sono i rifiuti anche della tua Toscana” e lui: “Lo so don Patriciello, le concerie” – le concerie di Santa Croce sull’Arno – e io allora subito dissi: “Presidente, noi non vogliamo fare troppe chiacchiere, lo sai (il problema)? Vedi quello che devi fare”.
Rivolto al mio Governatore dissi: “Presidente lei lo sa che sui roghi tossici bruciano gli scarichi delle industrie nostre, non di quelle della Toscana, stavolta; quelle che stanno sul Vesuvio, a San Giuseppe Vesuviano, a Ottaviano, a Grumo Nevano, a secondigliano, ad Aversa, a Carinaro che lavorano in nero. Il Presidente mi rispose: “Come è pensabile mettere le mani sul lavoro in nero con questa disoccupazione”, alchè io gli risposi: “Presidente… e allora lasciamo stare. Però, Presidente, state attento a come parlate, perché non vi stiamo chiedendo di andare a chiudere le fabbrichette, mettendo la gente in mezzo a una strada; andiamo incontro alle fabbrichette e mettiamole in condizione di lavorare come Dio comanda, perché le prime vittime sono proprio loro, gli operai”.
Io non posso ricattare una persona dicendo: o tu lavori e porti il pane a casa stasera, oppure perdi il lavoro e muori di fame, ma o lavori e porti il pane avvelenato a casa e questo è lo stesso discorso che si pone per l’ILVA di Taranto.
Io sono stato là tante volte a fare convegni al quartiere Tamburi e c’è lo stesso problema: se chiude l’ILVA, come si fa? Questa gente dove andrà a lavorare? Ma tu non puoi chiamare a lavorare le persone per un lavoro in cui, se non muori subito, muori piano piano.
Allora dissi (al Presidente): “Andiamo incontro a queste persone, io non sono un politico e non tocca a me capire come, ma, abbassiamo le tasse, facciamo qualcosa per mettere le persone in condizione di lavorare come Dio comanda, perché altrimenti questo lavoro in nero lo pagheranno i vostri figli”.
Ma a noi non sempre è chiaro questo passaggio: lavoro in nero, malattia, morte, roghi tossici, fumo, inquinamento ambientale.
Non sempre ci è chiaro e allora dobbiamo aiutarci per capire come stanno le cose, perché il vero problema è questo.
Passa un po’ ti tempo, il governo cambia, siamo nel mese di novembre dell’anno scorso e il governo al completo si riunisce alla Prefettura di Caserta. Stavolta è di un altro colore, Renzi ormai è andato via, c’è Conte; ancora una volta, non so perché, ma vengo invitato a partecipare a questa sorta di Consiglio dei Ministri.
Salvini è arrivato in Campania con la ricetta già pronta. Vuole propinarci altri cinque inceneritori, oltre quello di Acerra, uno per ogni Provincia: Napoli, Caserta, Salerno, Avellino e Benevento e in questo modo “voi non avrete più il problema con l’immondizia”.
A questa proposta, il Ministro per l’Ambiente, Costa, ha fatto la faccia bianca.
Io ero arrivato lì da poco e sapevo che il tempo che avevo era poco e ho detto: “Ministro, ogni giorno, nella nostra Campania, nelle nostre case produciamo 5000 tonnellate di immondizia”. Apro una parentesi: bene faremmo a consumare meno plastica. La buon’anima di mia madre aveva tre piatti e quattro bicchieri e abbiamo bevuto una vita intera in quei quattro bicchieri; purtroppo abbiamo preso questa brutta abitudine a usare tutte stoviglie in plastica e questa plastica ci sta uccidendo. Ora siamo qua tra francescani: ve la volete togliere questa abitudine? Se vengo a casa vostra non mi presentate un bicchiere di plastica, perché mi alzo e me ne vado, va bene o no?
Comunque, ogni giorno, in Campania, produciamo cinquemila tonnellate di immondizia. Ogni giorno, in Campania, noi produciamo seimila tonnellate di immondizia industriale prodotta in nero, mentre sono ventiduemila le tonnellate di immondizia industriale prodotte legittimamente.
Abbiamo, quindi, ventottomila tonnellate di rifiuti industriali, contro le cinquemila prodotte da casa.
Ora – ritornando alla proposta di Salvini – n.d.r. – i ritagli delle immondizie industriali non potranno mai bruciare negli inceneritori; perché tu (Salvini – n.d.r.) vuoi venire qua a mettere altri cinque inceneritori, mentre l’Europa sta dicendo di toglierli di mezzo? Per quale motivo?
Quando ho detto questo, ho visto il Ministro Costa che si illuminava, Di Maio che si illuminava, Conte che si illuminava e Salvini che, invece, si rabbuiava – nella vita non si può piacere a tutti – e mi disse: “reverendo non facciamo polemiche”, io risposi: “Ministro, noi non stiamo facendo polemiche, noi dobbiamo solo eliminare un problema ma, come diceva lo scrittore Corrado Alvaro, occorre dare risposte vere. Non può venire qua a propinarci altri cinque inceneritori, quando il problema non è questo, perché quella roba non potrà mai bruciare negli inceneritori, o meglio, brucia lo stesso, ma sempre di nascosto”.
E lui rispose: “Padre, noi che adesso stiamo qua e stiamo riflettendo, che dobbiamo fare?”.
Ma, intanto, noi che crediamo ai miracoli, dobbiamo chiedere un miracolo a nostro Signore Gesù Cristo, cioè quello di farci diventare strabici: con un occhio che guarda lontano, come l’occhio del Papa che guarda al pianeta, che guarda all’Amazzonia, che guarda i mari.
L’anno scorso per il primo settembre stavo nello studio di “A Sua immagine” con due scienziati di fama mondiale. Mi veniva da ridere al pensare: cosa ci faccio in mezzo a queste persone. Dissi: “Gli scienziati siete voi che ci faccio io qua, perché non mi lasciate dire la Messa nella mia parrocchia!”.
Prima di entrare nello studio, mi disse lo scienziato: “Reverendo, lei sa quanto è grande l’isola di plastica che si è formata nell’oceano?”.
Allora, poiché ho imparato qualcosa, risposi: “Certo signor scienziato che lo so: è grande quanto la Francia”. E lui rispose: “Dicono tutti così. E’ grande quanto la Francia se tu misuri la superficie, ma se vai in profondità è grande quanto l’Australia”.
Questo nell’oceano; ma forse non tutti sanno che nel nostro Mediterraneo, nel nostro piccolo mare, un’altra isola di plastica si è formata tra l’isola d’Elba e la Corsica.
Ora, quando vi fanno vedere l’immagine di una tartaruga che è finita dentro un sacco di plastica, bisogna capire che il peggio non è quello. Il peggio è che oggi è domenica e un sacco di gente ha mangiato il fritto di pesce e, se non stiamo attenti, ci mangiamo il fritto di plastica, perché le microplastiche non sono la “busta”, ma sono quelle che vengono ingerite dai pesci e passano nella catena alimentare. E’ tutto un cerchio.
Dicevano i nostri vecchi, nella loro sapienza, pur non avendo studiato: “Nun sputà in ‘nciel che ‘nfacc te vene”. Cioè, in un modo o nell’altro, quello che stiamo facendo al pianeta, il pianeta lo sta riportando a noi.
Allora dobbiamo avere un occhio che guarda al globo, al pianeta, l’altro occhio, però, deve guardare il vicolo dove abitate, la vostra discarica, il vostro Comune.
Sentite cosa dice il Papa nella Laudato Sii che dovete leggere assolutamente: “La società, attraverso organismi non governativi e associazioni intermedie – associazioni sportive, associazioni culturali, associazioni religiose, Terz’Ordine Francescano, la GiFra, Azione Cattolica – deve obbligare – attenzione al verbo, ha detto deve obbligare, non consigliare – i Governi a sviluppare normative, procedure e controlli più rigorosi. Se i cittadini – se il Terz’Ordine Francescano, se la GiFra, se la Chiesa, se le diocesi, se le parrocchie, se i gruppi parrocchiali – non controllano il potere politico nazionale, regionale, municipale, neppure sarà possibile un contrasto ai danni ambientali” (L.S. 179).
Cioè il Papa sta dicendo: guardate che queste persone sono in tutt’altre faccende affaccendate, se non siete voi a tallonarli, a spingerli, a dargli fastidio,questi si addormentano: dovete essere voi!
Voi direte: “Padre, in questi anni che state facendo tutte queste cose, cos’è successo? Qualche obiettivo è stato raggiunto?”.
Intanto vi dico una cosa che non so se la sapete. Papa Francesco ha scritto questo documento importantissimo che è stato apprezzato dagli scienziati di tutto il mondo: mondo ateo, mondo diversamente credente e un giorno sapete che ha detto? “L’ispirazione a scrivere la Laudato Sii mi è venuta mentre sorvolavo la Terra dei fuochi”. Questo documento è frutto delle nostre lacrime e non è solamente per noi, è per la Chiesa cattolica e per il mondo intero.
La seconda cosa è che, mentre stavamo facendo tutta questa lotta, c’è stato un magistrato della nostra Procura di Napoli Nord, morto a 42 anni in un incidente stradale, in Calabria – e speriamo che sia un incidente – che ci è stato accanto e un giorno, dopo l’ennesimo convegno mi chiama in disparte e mi dice: “Padre Maurizio, guardate che tutto quello che state facendo è importante, ma sono tutte cose inutili”. E’ inutile? E perché è inutile? “Perché noi magistrati non abbiamo la possibilità di intervenire di fronte a questi delinquenti. Noi le armi non ce le abbiamo. Una legge non c’è!”. Cioè l’Italia non aveva una legge sui reati ambientali.
Grazie a Dio, grazie alla compagine politica, grazie ai movimenti, dal 22 maggio del 2015, la Legge n°68, noi abbiamo una Legge sui reati ambientali.
E’ un altro piccolo passo. Attenzione, sono piccoli passi, ma ci fanno capire come la questione è complessa, di ordine sociale, di ordine economico, di ordine culturale ma, soprattutto, è una questione di ordine politico.
Piccole cose sono state fatte, ma stiamo ancora in una condizione pietosa, diciamoci la verità, il fatto stesso che l’altro giorno a Lusciano c’erano migliaia di persone per strada; l’altro giorno ancora è stata fatta una catena umana ad Aversa; ieri sera c’è stato un corteo ad Acerra: se migliaia di persone scendono ancora per strada, vuol dire che i problemi ci sono.
Sentite come il Papa chiude il suo documento: “… Eppure non tutto è perduto, perché gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi – tre sono le cose che dureranno in eterno: la Fede, la Speranza e la Carità, perciò io sono convinto che, in questa lotta, noi cristiani abbiamo una marcia in più – ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi, al di là di ogni condizionamento psicologico e sociale che venga loro imposto. Sono capaci, gli esseri umani, di guardare a se stessi con onestà, di far emergere il proprio disgusto, di intraprendere nuove strade verso la nuova libertà” (L. S. 205).
Io ci credo, il Papa ci crede, siamo obbligati a credere.
Ogni tanto qualcuno mi dice: “Ma tu continui a sperare?”.
Un grande autore francese che io amo alla follia, morto il 5 settembre del 1914, nella battaglia della Marna, si chiamava Charles Péguy, dice che la speranza delle tre sorelle – Fede, Speranza e Carità – è la più giovane, esse stanno per mano ed essendo (la Speranza) la più giovane, corre prima. Correndo si trascina dietro la Fede e la Carità, ma se non corre la Speranza, la Fede e la Carità si fermano.
Ma allora dobbiamo ancora sperare? Un cristiano che non spera non è più un cristiano!
Noi siamo condannati a sperare. Noi abbiamo la faccia tosta: ci portano una bara in chiesa, in questa bara c’è un fratello o una sorella che sono morti e noi abbiamo la faccia tosta di cantare “Io credo risorgerò, questo mio corpo vedrà il Salvatore”.
Se non è speranza questa! Più della morte cosa c’è? Eppure non ci arrendiamo nemmeno davanti alla morte. Ci portano un morto e noi diciamo: Se Cristo non fosse risorto, vana sarebbe la nostra fede.
E allora che dobbiamo fare?
Un occhio che guarda al pianeta, ascoltare quello che dice Papa Francesco e un occhio che guarda alla nostra realtà e collaborare.
Dobbiamo evitare di fare d’ogni erba un fascio, accusando l’innocente insieme al colpevole.
Alle mie spalle c’è il Sindaco di Casal di Principe – Renato Franco Natale – n.d.r. -, è vero ci sono stati dei Sindaci negligenti, altri che sono stati collusi, altri che sono stati corrotti, questo lo sanno tutti quanti; altri che sono stati onesti e noi dobbiamo stare insieme a loro e portare con loro la battaglia avanti, ognuno sempre ricordando qual’è il suo ruolo.
Io ricordo che una risposta del genere l’ho dovuta dare al Presidente Napolitano, perché un giorno ci ha mandato a chiamare al Quirinale, noi siamo andati con tredici mamme ognuna delle quali aveva perso il suo bambino – adesso una di queste mamme sta andando dal Signore anche lei, sempre per lo stesso male. Napolitano è stato molto caro con noi, si è messo a piangere, addirittura, insieme a queste mamme, e, a un certo punto, mi ha fatto una domanda che là per là mi ha lasciato mezzo stralunato, mi ha detto: “Reverendo, ma lei non teme che quando arriveranno i soldi delle bonifiche, questi camorristi smetteranno la giacca dell’inquinatore e indosseranno la giacca del bonificatore?”.
Io l’ho guardato e gli ho risposto così: “Presidente, quello che io penso e che temo non è che vale un granchè, le voglio ricordare, però, che io sono il parrocchiano del Parco Verde, voi siete il Presidente della Repubblica!”.
Questo è importante, noi dobbiamo fare come la madre che porta il bambino dal pediatra e gli dice tutti i sintomi che ha, poi deve essere il medico ad interpretare questi sintomi e dire: ha l’influenza, ha il morbillo.
Se a Tortolì, nell’Ogliastra, ci sono molti centenari – tanto che stanno cercando di capirne il motivo studiando il DNA – e nella nostra terra si muore così giovani, ci sarà un motivo?
Certo nessuno ci verrà a convincere che i fumi tossici e l’immondizia per la strada e tutto quello che succede è un bene per la nostra salute!
Intervento di don Maurizio Patriciello alla giornata dedicata “Alla scoperta del creato”
Casal di Principe – Aversa, 8 settembre 2019